sabato 4 febbraio 2012

Arrampicata in libera spallone Graffer al campanile Basso

Dal libro: “Tra i silenzio delle Pareti”.
<<…arrampicare da solo lo faccio dal 2000. E' maturato incosciamente, dopo la scomparsa di due compagni di cordata e dal fatto che l'amico Nane, divenuto guida alpina è sempre oberato da impegni con vari clienti. Ho salito alcune salite con altri amici, ma non sono riuscito ha trovare la perfetta sincronia, sicurezza, che avevo prima e ho maturato di arrampicare in libera. All'inizio ho salito alcune vie corte di III° con passaggi di IV°, facendo delle sporadiche autoassicurazioni poi è venuta la voglia di arrampicare su vie più lunghe e classiche. Con l'ascesa allo spigolo Nord del Sassolungo, in libera, ho iniziato a salire vie più impegnative, acquisendo velocità, sicurezza e scoprendo la bellezza dell'arrampicare solo con me stesso e la montagna. Ho maturato tranquillità mentale e spirituale. I vari passaggi erano eseguiti sempre con movimenti decisi e atti per procedere la salita in scioltezza e sicurezza. Le dita delle mani, assaggiavano la roccia prima di metterle sotto sforzo. Esse, avevano trovato la certezza tattile che mi facevano intuire immediatamente se potevo o no usufruire l'appiglio necessario per proseguire. Lo stesso dicasi per i piedi; sorreggevano esclusivamente il peso del corpo portandolo a spostarsi nella giusta misura a dx e a sx per innalzarmi. Bello arrampicare in libera. Ci si trova nell' intimità della montagna che ti avvolge, fino a quel tempo sconosciuta e che difficilmente si può spiegare.


Comunque, sconsiglio a chi vuole intraprendere questo stile di arrampicata. Non ne vale la pena, è troppo rischioso; la vita è troppo bella e c'è tanto da fare in questo nostro passaggio.
La moglie di Cesare Maestri, Fernamda, ha scritto nel libro. "Duemila metri della nostra vita","...l'importante è si chiuda l'uscio alle sue spalle quando ritorna...".
L'arrampicare in libera, è l'espressione più bella dell'alpinismo, più affascinante, più egoista, più emozionante, più sacra...la più intima. Giuseppe Frison.



Eccomi davanti all'ometto.


Un doveroso pensierino, una ultima letta alla guida avuta in regalo da Luciana Zilio, zaino sulle spalle,  con all'interno la corda, la quale mi servirà per discendere con  doppie dal Basso, e parto:


1° tiro: mi arrampico per facili rocce. Quindi mi sposto s sx. e arrivo ad un  terrazzo. III°+.
2° tiro: Salgo, leggermente a sx., obliquo poi a dx.  Mi trovo sotto ad una parete gialla leggermente a sx. dello spigolo.  IV°. La roccia è buona, non ho più brividi di freddo. Sto bene.
3° tiro: Do un riletta alla guida. Non salgo su dritto (variante), ma di attraverso, invece a dx circondando lo spigolo. IV°.
4° tiro: Riprendo a salire verso sx dalla sosta su roccia grigia. Aggiro lo spigolo e continuo a salire fino ad arrivare alla sosta a dx di uno strapiombo. Mi fermo e un  penso quanto grandi  siano stati Giorgio Graffer - Antonio Miotto nel 1938 ad aprire una grandiosa e difficile via, mai banale. IV°, V°+
5° tiro: Salgo dritto dalla sosta. Obliquo un po' a sx.; poi verso dx., proseguo lungo la parete più facilmente accessibile e arrivavo ad una cengia, vicino ad una lama diedro.V°, IV°+
6° tiro: Supero, con stupenda arrampicata, tutta la lama-diedro. Mi sposto a dx.  fino ad arrivare ad un'altra sosta. Le difficoltà sono continue IV°+, V°.
So che i prossimi due tiri hanno difficoltà maggiori, con arrampicata abbastanza delicata, atletica per vincere dei passaggi chiave.
7° tiro: Vado a dx per salire una placca, e dopo aver evitato uno strapiombo a sx. raggiungo con calma e sicurezza una fessura/diedro. La salgo tutta fino ad arrivare a dei chiodi di sosta.V°, V°+, VI
8° tiro: Ora salgo su dritto. Supero la difficile, delicata, fessura gialla. Evito di toccare i chiodi. in libera è meglio sempre pensare che non ci siano. Mi porto leggermente a dx. per poi proseguire ancora dritto fino ad arrivare a una  cengia. Mi porto a sx. alla base di un diedro. Sosto, per liberare e distendere un po le mani, dalla tensione della salita. V°, V°+, VI°
9° tiro: Supero cantando, con bellisssima e aerea arrampicata, il diedro giallo. Questo diviene più in alto, un diedro/camino grigio, Lo risalgo fino ad arrivare, a una grossa clessidra  IV°+, IV°
10° tiro: Mi fermo per mangiare una banana e una barretta concentrata all'ananas. Proseguo per il diedro/camino fino al suo termine. Obliquo a dx. fino ad arrivare ad una terrazza sotto gli strapiombi gialli IV°-
11° tiro: Altra variante da lasciare perdere a dx e prendo ad arrampicare un il diedro giallo obliquo verso sx. fino ad giungere a una piccola cengia. IV°-, III°. Con calma affronto gli ultimi due tiri.
Ora lo spallone non ha più notevoli difficoltà
12° tiro: Arrampico dritto per un paio di metri. Attraverso a sx. tralasciando di essere invitato a salire verso gli strapiombi gialli dove si vedo dei chiodi!!!,  fino ad arrivare quasi allo spigolo. Con aerea arrampicata lo salgo, risalgo il  camino terminale . IV°-, 1 passo di V°
13° tiro: Con belle spaccate continuo a salire l'interno del camino. Poi supero delle delicate placche obliquando per spostarmi leggermente a sx sino ad arrivare alla sommità dello spallone. IV°.
Sono sullo "Stradone Provinciale". Salgo, in velocità l'ultima parte della via normale. Con questa ascensione è la settima volta che arrivo in cima al Campanile Basso!!!". Giuseppe Frison.http://paretiverticali.it/SpalloneGrafferCampanileBasso.htm

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